Tartan: ad ognuno il suo.

Linee colorate orizzontali e verticali.

Distese su un letto uniforme di tinta unita.

Intrecciate con la storia e la sapienza del fare che viene dalle tradizioni, dai popoli che l’hanno scelto come simbolo, dalla storia della moda vestita e reinterpretata in passerella a distanza di anni e di stagioni.

E’ il tartan. Il disegno dei tessuti delle Highlands Scozzesi.

E quest’anno è il must-have dell’inverno, un po’ come il riposino della domenica pomeriggio e il latte e caffè bollente.

La prima volta che ne saputo di più di questa stoffa ero al liceo. Quando in estate per un mese, sono stata ad Edimburgo per imparare l’inglese in college. Affascinata da quello che c’è dietro quei panni di lana, ho lasciato da allora che mi si avvolgessero al cuore.  

Per questo sono davvero felice che quest’inverno sia tornato alla ribalta in tutte le forme, anche se non gode di ammirazione da parte di tutti che lo trovano spesso “obbligante”: c’è chi lo ama e chi invece lo odia dal profondo. Probabilmente perché era la “fantasia” del vestito buono della domenica che mamma ci costringeva a mettere su proprio quando noi preferivamo andare in giro a giocare in salopette a pallone. O solo perché spesso ci fossilizziamo più su cosa possiamo metterci accanto e meno su come ci fa sentire qualcosa mettendola.

Dal canto mio posso dire che potrei scrivere un libro sull’ how to wear a plaid, un po’ come quello che potrei scrivere su come mangiar meglio il cioccolato, certo senza alcuna nota tecnica di competenza ma con l’esperienza di una donna in categoria “grandi amatori”.

Ad ognuno il suo tartan. Io sono di quest’avviso.

Che è un po’ anche una restituzione filologica del modo in cui il tartan era inteso, come appartenenza. Come segno, colore, consistenza di un clan scozzese, di una famiglia, di un territorio, come personalità diversa, unica.

E ad ognuno il suo accessorio tartan dei sogni. Perché io le scarpe così le sto già sognando e magari una maxi pochette che ti fa caldo a tenerla sotto il braccio. O semplicemente un paio di pantaloni o un cappotto di quelli oversize, che restituiscono il calore delle coperte in piena città e la comodità del divano sempre con sé, anche solo concettualmente.

E se ad ognuno il suo, il mio quest’anno sarà di certo uno “Stewart”.